Relazione alla Festa Sociale 2012 – 6/9 settembre
Riportiamo il discorso del Presidente Vareno Cucini…
Buongiorno a tutti i convenuti e benvenuti nella nostra sede, in una sala più luminosa del solito perchè fresca d’imbiancatura, opera dei Volontari; con nuove veneziane, dono una impresa coinvolta da una Volontaria; con il nostro motto in bellavista in un brillante blù scelto da Monica Minucci; dopo aver inaugurato una ambulanza gialla come il cavallo di Brancaleone, frutto del lavoro di tutti e di rilevanti donazioni che hanno consentito la disponibilità di risorse economiche sufficienti all’acquisto. Gialla perchè questo è il colore europeo dei mezzi di soccorso sanitario che la burocrazia italiana, quasi da sola, continua ad osteggiare; come se l’Unità Europea, non solo degli interessi, ma anche dei popoli, avesse una alternativa. La Pubblica ha forzato le resistenze e ha guardato avanti, all’Europa; come sede dove anche il Volontariato deve giocare la sua partita decisiva. Gialla perché le livree europee dei mezzi di intervento sanitario, dell’ordine pubblico e antincendio hanno una motivazione vera nella necessità di essere riconoscibili anche dagli affetti da daltonismo.
La nostra cerimoniera, la Vice Presidente Donatella Bizzarri, quest’anno ha avuto, quindi, più lavoro; io mi associo alle sue considerazioni ed ai ringraziamenti che ha rivolto ai Donatori e ai gentili Ospiti. Le donazioni raccolte e le presenze di questi giorni sono la cifra delle nostre relazioni con le gente e la città e le sue istituzioni.
Una vena solidale che “tira” anche in questi tempi difficili e che alimenta il “Cuore Volontario nel tempo della crisi” come titolava la nostra iniziativa di libero confronto di venerdi sera.
Nell’anno trascorso dalla festa precedente, durante la quale avevamo espresso preoccupazioni per la situazione del Paese e della Città, la crisi economica e sociale è diventata anche politica; così io interpreto la presenza di un Governo tecnico che surroga l’incapacità della politica di esprimere pienamente il motivo della sua esistenza: il Governo appunto. Così io interpreto la crisi al Comune di Siena e l’arrivo del Commissario, tecnico anch’esso; la politica, in questo caso con la “p” minuscola non è stata in grado di rinunciare ad un metodo vecchio, non più sostenibile e non condiviso dalla gente. Da qui appunto la rottura degli equilibri politici e l’avvio di una fase di scomposizione delle forze in campo e di ancora non definita riorganizzazione.
Certo è che non saranno possibili ritorni indietro e che il nuovo governo della città sarà diverso dai precedenti. Nella formazione politica, nei metodi e nei contenuti. Cosi come succederà per l’Italia.
Lo impone la dimensione planetaria delle motivazioni della crisi; l’Europa, e noi con essa, dobbiamo trovare, nella gestione della cosa pubblica, una via nuova e più equilibrata nel rispetto delle persone e dell’ambiente.
Nel passato abbiamo spostato al futuro la restituzione delle risorse consumate in quantità eccessiva nel presente, costituendo un debito sulle spalle delle future generazioni ancor prima di essere iscritte all’anagrafe. Il rispetto verso i nostri figli e nipoti e la interconnessione dei sistemi economici e sociali non lo consente più. Chi pensa di uscire dai consessi internazionali per ritornare alle dimensioni nazionali o regionali, propone una strada inesistente; in breve saremmo al disastro. Sarebbe come proporre di usare solo candele per risolvere il problema energetico.
Quello che ci aspetta è un cammino difficile che può essere accettato solo se fatto con giustizia ed equità e finalizzato allo sviluppo del lavoro.
Anche a Siena il futuro è incerto; errori, sottovalutazioni, eccesso di spesa, scarsa professionalità, hanno aggravato una congiuntura internazionale difficilissima. L’impresa più grande della Toscana e più vecchia del mondo, la banca MPS si è trovata sull’orlo del baratro. La Fondazione che la controlla è in condizione più grave a causa del debito contratto per consentire gli aumenti di capitale della conferitaria; non solo non è in grado di distribuire utili ma rischia seriamente di dover vendere, in mercati non favorevoli, la sua quota nella banca con il risultato di avere un Istituto di credito, diciamo, non senese, e una Fondazione senza risorse.
Le persone chiamate alla guida della Banca sono di primissimo ordine, il Governo ha dato una mano con un prestito straordinario che può diventare partecipazione azionaria e con una azione politica per ridurre lo spread.
Dobbiamo sapere però che ogni azione di rilancio va fatta senza sperare in una inversione del ciclo in senso positivo, almeno nel breve, e quindi produttività e redditività non potranno utilizzare ampliamenti del mercato del credito ma potranno essere solo il frutto di razionalizzazioni e miglioramenti interni. Auspichiamo che siano possibili con un confronto sociale civile e rispettoso dei criteri di giustizia ed equità.
Questa scelta di drastico mutamento nella definizione degli organi della Banca, ed in futuro della Fondazione, ha provocato la crisi politica.
Nei giorni scorsi è stato ricordata la frase di Cicerone che si faceva forte di criticare facendo proposte e non attribuendo colpe; altri hanno affermato che di lunedi è facile fare 13. Ma non si vince nulla.
Io penso che tutta la Città abbia qualche responsabilità della sua storia, e se ce ne sono di personali di natura penale debbono essere perseguite.
Ha responsabiltà anche chi non ha sufficientemente contrastato le scelte che si sono dimostrate sbagliate, anche chi, nel clima di tarnquillità, non ha “scioperato per dieci anni”.
Due le impostazioni di fondo che hanno avviato lo smottamento e risalgono almeno a 15 anni fa e hanno avuto, quando sono state compiute, uno straordinario consenso.
La prima attiene alla composizione della Deputazione generale della Fondazione fatta solo per nomine politiche e senza porsi nessun obbiettivo di interlocuzione con la società civile se non attraverso gli Enti Locali. Esempio unico a livello nazionale. Da qui distorsioni nella erogazione dei contributi, prevalenza della politica sulla Fondazione e Banca e tanti altri problemi.
La seconda riguarda la senesità del Monte; tutti hanno fatto a gara, nella mondializzazione dell’economia, ad affermare e praticare principi di autonomismo assoluto del tipo, nella semplificazione del popolino, ” a Siena si fa come ci pare”; quindi niente fusioni, sempre lontani da chi agiva in ambiti più alti a cui si attribuivano tutte le colpe, nessuna operazione di alleanza e di condivisione del potere e dei suoi benefici. Come se fossimo in grado di “mangiare” chiunque.
Anche noi siamo stati al vento; qualcuno ha tentato qualche virata, ma sono dettagli dettati quasi sempre dalla voglia di sostituire i timonieri piuttosto che di cambiare rotta. In questo sport, tipicamente senese, si sono distinti di più coloro che furono più determinanti nella definizione dello Statuto della Fondazione nella seconda metà degli anni ’90.
Per la verità le Pubbliche Assistenze, in minoranza con qualche altra Associazione, qualche distinzione nelle ultime nomine in Fondazione l’avevano sostenuta con forza. In minoranza appunto.
D’altra parte, una volta tracciata la rotta non si può che cercare di navigare al meglio nella direzione scelta; poi ogni settembre c’era da salire le scale di Banchi di Sotto ….. e anche se non si può parlare di pressioni abbiamo assistito a cessioni di autonomia.
Oggi la senesità mi sembra abbia un “profumo di viola”!
Per quanto riguarda invece la governance della Fondazione mi pare sia finalmente aperta la questione dello Statuto che, però non può rimanere una questione riservata agli addetti ai lavori e dovrà coinvolgere Istituzioni e società civile!
Si è avviato il cambiamento. La nave pericolosamente alla deriva in mezzo alla tempesta, ha ripreso a navigare in una direzione nuova e più condivisibile. Il porto sicuro, se ne esiste uno nel mondo di oggi, è ancora lontano e qualcuno dice, giustamente, che anche la parte dell’equipaggio che dirige ora il bastimento non è esente da colpe e responsabilità. Ma consentitemi di marcare la differenza fra chi, con difficoltà, apre ad un nuovo orizzonte e chi rimane legato al ritmo di vecchi balli nostrani sempre più incomprensibili nella crisi generale. D’altra parte un nuovo equipaggio non c’è, almeno per cominciare il rinnovamento. La città dovrà scegliere fra continuità o adeguamento alla fase nuova che il mondo, non solo Siena, sta vivendo drammaticamente e che non si ferma a Porta Camollia dove “cor magis tibi sena pandit”. E dovrà farlo in fretta con una ravvicinata consultazione elettorale dando la parola ai cittadini.
Mi sono diffuso su questa parte non per una indebita invasione di campo; la Pubblica non è un partito, ma è una parte della città che ha sempre espresso, in autonomia, valori e pareri sui problemi comuni come, anche nel passato recente, abbiamo riaffermato con forza scontentando ora questo ora quello. Le motivazioni di questo approfondimento riguardano la necessità di capire una realtà che ci chiede nuovi impegni, che ci offre meno risorse pubbliche, e che per sua natura può essere lo sviluppo del Volontariato o la sua tomba.
Il cuore di Siena è più grande della porta di Camollia; almeno il cuore volontario, quello che celebriamo con questa festa sociale, quello che è ritratto nei manifesti e negli inviti!
Questa è la nostra esperienza sul campo; crescono i volontari, la loro disponibiltà, i servizi che si inventano per rispondere ai bisogni sempre più complicati delle persone. Non fornisco i dati, in crescita rispetto al 2011, ma sono disponibili per chi è interessato. Ai Volontari, per ora, un grande grazie.
Anche i bisogni crescono: da parte dei singoli in pari con le disponibilità a dare una mano; da parte delle istituzioni pubbliche e private in misura inversamente proporzionale con le risorse che esse hanno a disposizione.
La crescita della domanda produce, sotto l’effetto della responsabilità, la disponibiltà del Volontariato a fare comunque, con e senza un corpo volontario sufficiente e preparato; una risposta da impresa che allarga la sua attività, magari puntando su risorse umane meno volontarie e, in qualche modo, più retribuite. Magari spinti anche da un effeto gratificazione del tipo “hai visto che hanno bisogno di noi!”
Si muta così la natura della Associazione che si avvia su un percorso che la vede disponibile ad avvicinarsi ad offerte di lavoro, magari con appalti all’osso, che una pubblica amministrazione, condizionata dai tagli e dalle male interpretate normative europee, mette sul mercato, e che dimentica la regola principale delle associazioni volontarie: prima le persone con la loro disponibilità a fare, prima! con o senza il rimborso per le attività svolte.
I rischi ormai sono realtà: associazioni con commissariamenti, cig, riduzioni di personale, chiusure di rami d’impresa, uso di forme di lavoro marginali e precarie. Ma cosa più importante, perdita della risorsa umana donata, che il vero capitale del Volontariato che non ha bisogno della domanda e dell’offerta, come è naturale per l’impresa, sociale o profit, ma prioritariamnte e inderogabilmente del Volontario e del dono del suo tempo e della sua intelligenza. Tanto di più con l’attuale scarsità di risorse economiche.
Ho detto all’inizio della sponda europea per accreditare anche in quella sede la peculiare realtà del Volontariato, in particolare quello toscano.
Vorrei concludere questa sintetica relazione con una proposta per non disperdere la nostra esperienza, per consolidarla e per raccogliere da essa ciò che può dare nella crescita del capitale sociale e, in tanti casi, nella risoluzione di grandi problemi sociali tanto da indurre in alcuni osservatori esterni l’idea di valutarne anche il valore economico.
Occorre riconsiderare, a partire dalla legge 266/91, il quadro normativo e fiscale in cui si muove il Volontariato; marcare con chiarezza i caratteri di riconoscibilità del Volontariato organizzato, aggiornando i contenuti delle norme, adeguando il codice civile, senza nessuna indulgenza nell’interdizione alle improprie aspirazioni all’impresa. Il Volontariato può dare vita ad imprese, sociali, cooperative, profit; ma fuori se, nel mercato, con le regole del mercato.
Sono poi da rivedere molti degli strumenti per il riconoscimento delle Associazioni prevedendo insieme alla strumentazione di controllo per evitare gli abusi, la nascita, con più cogenza e poteri, di strumenti di rappresentanza autonoma e di presenza nelle sedi della vita democratica della collettività, negli organi di gestione sociale dei servizi e nelle sedi di indirizzo nell’uso dei beni della comunità. Ad esempio a Siena la Fondazione.
In pari tempo si debbono introdurre nuovi e più adeguati strumenti per la riconoscenza del valore sociale dell’azione e della prestazione di lavoro volontario. Penso non solo a favore dell’Associazione (normativa fiscale e/o semplificazione amministartiva), ma anche a favore del Volontario (crediti formativi, orari e turni adeguati alla realizzazione democratica della vita associativa, valutazione nei percorsi di carriera). Una normativa di sostegno della attività di “cura sociale”.
Fra pochi mesi voteremo per il Governo dell’Italia e di Siena; in generale in primavera a livello locale spero prima; mi piacerebbe, in tempo di crisi, leggere sui programmi dei Partiti e dei Candidati, che i continuo a scrivere con lettera maiscola, come la V di Volontario, qualche cosa della Politica delle TRE ERRE, riconoscibiltà, riconoscimento, riconoscenza. Qualche cosa in più del semplice e dovuto grazie.
Mi piacerebbe ancora di più se attorno a questa Politica, o ad altre se più condivise, il Volontariato trovasse la forza e la gioia di battere un colpo, recuperando la coscienza di se, del suo essere organismo fondamentale della vita sociale della comunità come noi cittadini, con una storia e una esperienza vissuta per generazioni, vogliamo che sia e solo per questa volontà autonoma e responsabile, almeno in parte sarà.
Un sogno? Forse. Ma senza sogni non si vive e sopratutto non si va avanti.
La Pubblica è in parte un sogno che tutti i giorni si cerca, tutti insieme, di coniugare con la realtà, di far diventare realtà; sempre soddisfatti e divertiti, di più quando ci riusciamo.
Grazie della vostra pazienza e buon lavoro.